I brachicefali sono quei cani che, per selezione di razza, hanno il muso corto e un po’ schiacciato, come molti molossoidi; boxer, dogue de bordeaux, carlini, bulldog inglesi, bouledogue francesi, per fare qualche nome.
Soprattutto negli ultimi 50 anni, da quando la selezione di razza è diventata più metodica e serrata, ricercando spesse volte un ipertipo (quindi un estremizzazione della caratteristica fisica di quella razza), queste razze hanno subito talvolta dei veri e propri maltrattamenti genetici, estremizzando una caratteristica per puro fine estetico, a discapito di quello salutare/comportamentale. Altri esempi sono la pelle in eccesso degli Shar pei o nei Basset Hound, il gigantismo degli Alani, il posteriore basso dei Pastori Tedeschi, il cranio arcuato dei Bull Terrier, il miniaturismo dei Chihuahua.
Come per molte altre casistiche infatti, l’espressione fenotipica del muso corto e schiacciato, porta con sé caratteristiche che sono una conseguenza diretta dell’aspetto, o indiretta, perché il gene che stabilisce l’aspetto del muso può portarsi dietro anche altre caratteristiche alle quali non si da peso. Anche nei cani insomma, l’estetica oggi conta più di qualunque altra cosa.
Focalizzandoci però sui brachicefali, non possiamo non notare come il muso così corto renda molto più complessa la respirazione. La canna nasale del cane è talmente corta e schiacciata che questi cani respirano praticamente sempre con la bocca, che a sua volta riporta un palato corto e basso, facendo vibrare la lingua sia quando l’aria entra che quando esce, producendo un suono tipo rantolo. La lingua spesso non riesce a essere contenuta dalla bocca, con la conseguente fuorisucita perenne. La respirazione sempre “affannata” porta spesso problemi cardiaci anche gravi, nonché edema della laringe, ipoplasia trcheale, infiammazione cronica dell’esofago, stenosi pilorica. Naturalmente il tutto comporta un più alto rischio dell’affaticamento, quindi sarebbe bene questi cani non facessero sforzi fisici eccessivi.
La lunghezza della canna nasale è anche strettamente correlata, proporzionalmente, alla capacità olfattiva del cane, perché la superficie dell’epitelio olfattivo risulta naturalmente ridotta (nei cani infatti, più è lungo il muso più è potente l’olfatto, basti pensare ai segugi). Questo causa un deficit nella capacità sensoriali del soggetto, soprattutto se consideriamo che il cane usa l’olfatto indubbiamente come primo senso per conoscere, interpretare e capire il mondo.
La dentatura è spesso scorretta, con una chiusura prognata, cioè in cui l’arcata dentale inferiore risulta anteriore a quella superiore, spesso così tanto che i denti inferiori rimangono esposti: questo non è un aspetto puramente estetico, ha anch’esso importanti conseguenze sulla masticazione, che spesso risulta del tutto inefficace, nonché sulla capacità comunicativa di questi cani, della quale parleremo a breve.
Infine, la selezione del muso così schiacciato crea numerose rughe e un muso che, oltre a creare occhi spesso molto sporgenti e con problemi di lacrimazione, fa molta fatica a cambiare espressione, inficiando fortemente la mimica e la comunicazione non verbale.
Al di là dunque delle problematiche strettamente di salute, che dovrebbero essere più che sufficienti per valutare un cambio di rotta nella selezione di questi cani, soffermiamoci un attimo sull’aspetto comunicativo intra-specifico.
Capita molto di frequente che questi cani vengano “fraintesi” dai loro conspecifici appartenenti ad altre razze, soprattutto se questi ultimi non hanno avuto modo di socializzare in tempi utili con esemplari brachicefali.
Il cane è tra le specie con maggiore varietà fenotipica al suo interno: se ci pensate quale specie ha elementi così dissimili al suo interno? Pensate al Mastino Napoletano, poi al Greyhound, poi al Pinscher e poi ancora al Pastore del Caucaso, solo per fare qualche esempio.
Quando un cucciolo nasce, dopo essere stato svezzato, entra diciamo “in società”, avendo poco tempo per farsi un’idea del mondo. La così detta “finestra di socializzazione”, cioè appunto quella fase nella crescita in cui il cucciolo che viene esposto a stimoli riesce a interiorizzarli e poi a generalizzare, si chiude intorno ai 4 mesi nel cane. Questo significa che, ad esempio, un cucciolo di 4 mesi che non ha mai interagito o visto un umano, avrà probabilmente grosse difficoltà per tutta la vita in questo tipo di interazione. Essendo appunto la specie canina così variegata, è buona norma che un cucciolo abbia modo di conoscere, oltre che persone e ambienti diversi, razze diverse: proprio per fare sì che entrino nella sua rappresentazione mentale del mondo della sua specie. Un cane che ad esempio nasce e cresce in un allevamento specializzato di una razza sola e che, restando invenduto, non vede altri cani al di fuori di quella razza per diversi mesi, farà molto probabilmente fatica ad interagire con cani di razze fenotipicamente diverse da lui (es. cani molto più grossi/piccoli/dissimili nel muso).
Questo tema della socializzazione del cucciolo all’interno della finestra di socializzazione è apparentemente semplice quanto in realtà complesso, perché non è banale trovare il giusto equilibrio tra “fornire esperienze diverse al cucciolo” e “stressare il cucciolo sottoponendolo a troppi stimoli”. Il punto, in ogni caso, è che un cucciolo vede in 4 mesi una sola razza avrà maggiori difficoltà di uno che ne ha viste diverse, che ha quindi imparato a “generalizzare” sulla specie “cane”, avendo visto che all’interno della sua specie ci sono soggetti molto diversi, almeno esteriormente, quindi quando a 4 anni incontrerà una razza mai vista, sarà più facile per lui capire che si tratta comunque di un cane.
Ma torniamo al tema per noi interessante: i brachicefali. Dopo avere visto quanto la morfologia del muso sia importante per la salute del cane, e quanto in queste razze sia stata spesso manomessa in modo scriteriato, capiamo come questo lavoro di selezione influisca anche sulla socializzazione intraspecifica.
Un cane che non ha avuto molto modo di socializzare con brachicefali durante la sua finestra di socializzazione o comunque in giovane età avrà parecchia difficoltà a interagire con questi esemplari. Ai suoi occhi, infatti, questi avranno un’espressione che può davvero facilmente essere fraintesa nelle intenzioni: rughe sul muso, denti esposti e rantolo (tutti i segni che potrebbero sembrare una vera minaccia: arricciare il naso per mostrare i denti e ringhiare). Questi cani sono però del tutto inconsapevoli di suscitare questa impressione negli altri quindi si comportano come se nulla fosse: quindi, se non socievoli, si avvicinano per conoscere, per annusare, per invitare a interagire e faranno a loro volta fatica a capire la reazione di paura/aggressività che emerge nel cane di fronte. Queste sono incomprensioni pure. Se aggiungiamo magari che quel dogue de bordeaux con quell’espressione così minacciosa, pesa anche 65 kg e io, piccolo barboncino, ne peso magari 6, né io né il mio umano che mi porta al parco ci fidiamo a farlo avvicinare: un po’ perché si vede che ho paura, un po’ perché anche per gli umani, quelli che queste cose non le hanno mai sapute e fanno un po’ fatica a “leggere” i cani, questa faccia qui non convince.
Chi ci rimette più di tutti, ancora una volta, sono proprio loro, i “musi schiacciati”: perché fanno fatica interagire con gli altri, vengono spesso esclusi, ignorati, anche dai proprietari che dicono “no scusi il mio non va d’accordo con i bulldog”. Il risultato è molto triste, un po’ come quando un bambino è “diverso” e nemmeno se ne rende conto, lo impara solo da come gli altri bambini si comportano con lui rispetto che con gli altri. I cani sono molto più bravi di noi a andare oltre, a non farsi problemi ad avere amici malconci, disabili, brutti, sporchi, storpi; ciò non toglie che un muso che nella loro testa significa “minaccia” sia un problema non indifferente da superare prima di capire che quel boxer è in realtà un gran giocherellone simpatico, e che è solo perché respira male che sembra che ringhi.
Non tutti sono capaci di arrivare a guardare oltre superando le proprie paure, e quando ci riescono, è comunque frutto di tempo e pazienza, che nella nostra frenetica vita di incontri fugaci sul marciapiede, non sempre ci sono.